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Tom Cruise, Spielberg, Philip Dick e la tutina zentai

Leggere Dick a ottanta ragazzi delle medie in novanta minuti è forse un’opera di fantascienza estrema superiore alla migliore stagione di Black Mirror. Ma per chi come me guarda poca tv è bastata l’incoscienza dell’entusiasmo per tentare l’impresa. Quindi ho indossato uno dei miei vestiti migliori e sono andato all’incontro per Piccoli Maestri. Il problema è che il racconto in questione è Minority Report, uno scritto del ’56 che poi scritto benissimo non è. Inoltre esiste il film, diretto da Spielberg, non so se mi spiego. Con Tom Cruise. E un giovanissimo Colin Farrel. Ne vogliamo parlare?

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Mentre mi dirigevo all’I.C. Anna Fraentzel Celli di via Fiorentini, l’entusiasmo ha iniziato a cedere il posto a quell’ansia che ti allerta di un imminente pericolo. Ho cominciato a visualizzare il teatro della scuola e tutti quei ragazzini iperstimolati da smartphone, tablet e pc pronti a sbranarmi per averli ammorbati senza pietà. Perché diciamocelo: certi libri immensi spesso sono immensi solo per alcune generazioni o per alcune generazioni di certi ceti sociali. O per alcune generazioni di alcuni ceti sociali di alcuni territori. Per il resto sono parole che vogliono fare a botte con le reti neuronali del cervello. Sono parole, in questo periodo storico, che vogliono rallentare un cervello abituato a correre su più livelli. Dopo aver posteggiato mi sentivo sconfitto. A volte ragionare troppo ci può distruggere. Al bar mi sono detto: Grammatico qual è il tuo obiettivo? Stupirli con la tutina zentai o appassionarli alla lettura? Niente di tutto ciò. Io volevo condividere con loro tutte le mie paure. Dick era l’uomo con più ossessioni che abbia mai incontrato eppure ogni sua ossessione era un motivo per narrare un presente che ormai dura da oltre 50 anni. Dick era tutti i miei dubbi da adolescente e poi quelli da giovane e ora quelli da adulto e padre. Minority report era la mia paura di non essere libero e di non poter insegnare ai miei figli ad esserlo.

Obiettivo trovato! Sarà stato il caffè, ma avevo deciso. Vada per la lettura, vada per la tutina zentai, vada per gli spezzoni con Tom Cruise tossico che scappa come Rambo (non commento, ma mi avete capito), ma tutto ciò deve portare a qualcosa. Quel qualcosa che possa accomunare me e loro. Quando la lettura è iniziata, ogni cosa che avevo previsto prese vita. Quei ragazzi non leggevano. Qualcuno su Whattpad, ma per il resto volevano “vedere di cosa stavamo parlando, non ascoltare me. Cinque minuti di lettura e li sentivo ribollire di tedio. Poi gli sparavo Tom Cruise che non voleva cedere al proprio destino e li vedevi drizzarsi sulle sedie. Riprendevo a leggere e il mormorio di “nooo” si sollevava come una marea inquinata. Dick del resto gli raccontava la storia di un uovo calvo, grasso e anziano che non voleva andare in pensione e che si sentiva braccato da un complotto ordito da mezzo pianeta. Spielberg invece gli mostrava un bel giovanotto forte che era disposto a sfidare chiunque, anche gli dei!

La lotta era impari: la mia voce con accento siciliano contro le immagini dark di un Tom Cruise fuggitivo e mai spettinato. Eppure qualcosa dentro quei ragazzi si agitava. E non era la noia. Era la voglia di auto affermarsi. Il desiderio di poter dire “anche io sono libero”. C’era Alessio che faceva l’arbitro di calcio e che sosteneva di aver scelto senza condizionamenti. Lui che fiero raccontava che in famiglia tutti (tutti) erano esperti di calcio. Poi c’era Mario che sapeva degli algoritmi di google che facilitano le ricerche e dei banner pubblicitari che appaiono in base ai tuoi gusti, ma non è stato molto apprezzato dai compagni che insistevano con il dire che loro cercano liberamente i contenuti in rete. Per ognuno di qui ragazzi nessuno poteva gestire il futuro che stavano costruendo ed io, spaventato dal contrario, non potevo fargli cambiare idea. Inutile raccontargli che il sistema precrimine di Dick si era quasi avverato con un progetto americano sui big data che prevedeva il rilascio condizionato per alcuni crimini sulla base proprio dei tuoi dati personali raccolti dalla rete. Se le probabilità di commettere il reato sono basse, il detenuto riceve la possibilità di una pena ridotta.

Nulla riusciva a spaventare quei ragazzi. La mia paura, non era lo loro. La mia narrazione era diversa. Finché non è arrivata lei, una ragazzina di cui non so il nome che senza esitare ha risposto all’ultima domanda. Una ragazzina che sembrava potesse essere tutti i ragazzini lì presenti. Una fanciulla seduta sulle ultime file, voce di una mente collettiva che ci stava assorbendo tutti. “Come facciamo, allora, a prevedere il futuro, a ridurre l’incertezza con cui dobbiamo fare i conti ogni momento?” “Sognandolo!”, risponde lei, senza alzare la mano, come se ci fossimo solo noi due seduti uno di fronte all’altro.

Sognandolo, dice e l’incontro termina lì, senza saluti. In quella parola ci siamo detti tutto.
Dick, io, Spielberg, Tom Cruise, Farrel, i professori, la preside, tutti nudi di fronte a una dodicenne dalla voce assertiva. Sognare il futuro ci accomunava tutti. Ed io che credevo che la tuta zentai mi mettesse un po’ troppo a nudo! Non avrei immaginato che potesse farlo, in modo più disarmante, una ragazza di dodici anni di cui non conosco il nome.

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27.4.2017. Girolamo Grammatico, piccolo maestro, trascorre qualche ora con gli studenti e le studentesse dell’IC Fraentzel Celli di Roma per leggere Minority report di Philip Dick. Lo ringraziamo per la condivisione di questo report dell’incontro.