Piantare ghiande alla scuola media Mazzini
Il 21 novembre Chiara Mezzalama è stata ospite della scuola media Mazzini di Roma. Insieme agli alunni di una prima e al professor Castelli, che ringraziamo per l’invito e per la fiducia riposta nel nostro lavoro, ha parlato del libro di Jean Giono, L’uomo che piantava gli alberi. Qui Chiara ci racconta come è andata. Buona lettura.
Qualche giorno fa, pensando all’incontro che avrei avuto con gli alunni della prima media della scuola Mazzini di Roma, ho raccolto delle ghiande in campagna. È con le ghiande che L’uomo che piantava gli alberi di Giono ha trasformato una landa desolata e inospitale in una foresta rigogliosa nel sud della Francia. Elzéart Bouffier ha passato ogni giorno della sua lunga vita a piantare querce. In tre anni aveva già piantato centomila ghiande, di cui soltanto diecimila avevano attecchito. Così racconta Giono e ora ho capito perché. Mi sono accorta, dopo qualche giorno, che le bellissime ghiande che avevo scelto e raccolto erano piene di vermi. Dei piccoli vermi bianchi che scavano un buco all’interno della ghianda e se le mangiano.
Non ho potuto portare le ghiande a scuola come avrei voluto fare, ma l’incontro è andato benissimo, anche senza le ghiande. Nonostante le dichiarazioni iniziali dei ragazzi riguardo al fatto che leggere può essere una noia, mi hanno ascoltato con attenzione e partecipazione. Abbiamo parlato di speranza, felicità, tenacia e costanza, passione, pazzia, cura ma anche di territorio e di rischio idrogeologico (triste eco delle alluvioni in Sardegna di questi giorni). Abbiamo parlato del senso delle parole che qualche volta diamo per scontato, e della differenza tra vero e verosimile. E della scrittura, che è un po’ come la natura: ha bisogno di tempo per crescere. E di quanto sia difficile pronunciare il nome di Jean Giono.
Quando ho letto l’ultima frase e ho chiuso il libro, hanno applaudito, per la storia e per la lettura. In molti sono venuti alla fine dell’incontro a guardare le illustrazioni di Tullio Pericoli dell’edizione che avevo con me. E quando il professor Castelli è venuto a ringraziarmi dicendo che per loro era stato un grande piacere, ho risposto anche per noi. Ci ho riflettuto poco dopo; quel noi contiene tutti i piccoli maestri, come fossimo un’entità unica seppure composita. Andare a leggere è diventata un’azione collettiva, anche se ci muoviamo da soli. Sono scesa verso piazza Venezia ed ero contenta. Ho ripensato a quel romanzo Venivamo tutte per mare in cui l’io narrante è appunto il noi. Poi alzando gli occhi ho visto un conducente di pullman che davanti al balcone di Palazzo Venezia mandava un bacio e alzava il braccio con un fiero saluto romano.
È sempre Roma, Baby, è sempre Italia.
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