Ma lei ritorna?
Antonia Anania insegna in una scuola media di Roma, all’interno dell’I.C. Anna Fraentzel Celli. Si è avvicinata al nostro progetto all’inizio dell’anno confessando sottovoce che già lo seguiva da un po’. In questi mesi ha ospitato tre piccole maestre: Gaja Cenciarelli, Susanna Mattiangeli e Vanessa Roghi, alle prese con Stephen King, Italo Calvino e Primo Levi. Ringraziandola per l’affettuosa ospitalità, pubblichiamo un breve racconto della sua esperienza con i Piccoli Maestri.
Gli insegnanti scandiscono il tempo per anno scolastico. Non tutti, buona parte. L’inverno di un anno scolastico fa, intervistavano la scrittrice Elena Stancanelli. Parlava de I piccoli maestri. Un’insegnante seguiva l’intervista e pensò che fosse una buona occasione, una buona idea. Non perché a scuola non si legga: leggere e ascoltare sono le due abilità di base fondamentali per recuperare o consolidare le altre due, scrivere e parlare. A scuola si legge sempre, si legge per studiare, per ricopiare, si legge per chiarire, per approfondire, si legge per scrivere meglio, si legge quello che si è scritto, quello che si è disegnato, si leggono storie che si inventano, compiti che si fanno, romanzi scritti da altri. Non per questo. Era una buona occasione perché rappresentava una nuova possibilità: ascoltare persone che si appassionano alle storie dei libri, come molti prof, ma diverse dai prof. Voci nuove, nuove per i ragazzi che le avrebbero ascoltate. L’insegnante immaginava che, invitando un piccolo maestro, si sarebbe potuta verificare una specie di riconoscimento tra gli alunni (“Anche a te piace questo libro, anche a me!”, “Come mi piacerebbe vivere la stessa avventura!”, “Hai visto? Lo stesso brano che c’è sull’Antologia!”). Altre voci che amano leggere avrebbero fatto ascoltare la propria (di voce) a chi tanta voglia di leggere ce l’ha e soprattutto non ce l’ha. Un altro modo quindi, per raccontare un amore. Per i libri, per le storie, per la lettura. Simili pensieri accompagnavano l’insegnante l’anno scolastico scorso. Poi, quando quest’anno le hanno proposto di coordinare un percorso di letture per tutte le classi, quel pensiero è tornato e lo ha condiviso con la Preside e i colleghi. Così, i piccoli maestri, anzi, le piccole maestre sono venute nella nostra scuola. Gaja, Susanna, Vanessa sono arrivate con i loro libri nello zaino o nella borsa – Stand by me di Stephen King, Marcovaldo di Italo Calvino, Se questo è un uomo di Primo Levi – e hanno incontrato le seconde, le prime, le terze medie dell’I.C. Anna Fraentzel Celli. All’inizio di ogni incontro l’insegnante ha temuto che le sedute plenarie potessero provocare un po’ di confusione, di chiacchiericcio. E invece ogni volta si è dovuta ricredere, anche per motivi diversi. Per questo, per ogni incontro ha in serbo un ricordo. Un’immagine, una parola, una sensazione.
Del primo incontro, Gaja Cenciarelli con le seconde, il riscontro finale. È stato interessante per i ragazzi seguire il racconto e scoprire con sorpresa che anche i protagonisti della storia avevano dodici anni, proprio come loro. È stato interessante affrontare una lettura di genere, come quella di Stephen King. È stato interessante aver fatto riflettere i ragazzi sull’importanza delle scelte, prendendo spunto da un estratto del racconto. Ma quello che ha fatto più piacere all’insegnante è stato ascoltare quella domanda: “Ma lei ritorna?”, hanno chiesto alcuni dei ragazzi. E il giorno dopo, qualcuno di loro raccontava ai compagni di essere andato in libreria a cercare il libro. Era curioso e aveva voglia di leggerlo.
Del secondo incontro, Susanna Mattiangeli con le prime, ha in serbo il confronto dei ragazzi con Susanna. Sul linguaggio di Marcovaldo, sulla storia che per certi versi poteva sembrare loro un po’ antica, sul desiderio di scrivere storie. Un ragazzo ha raccontato che ha iniziato a scrivere, ma non è molto contento: escono fuori parole troppo strane, che neanche lui conosce. Continuare a inventare senza censurarsi, ha consigliato la scrittrice, che alla fine ha proiettato un episodio del Marcovaldo televisivo con Nanni Loy. Gli allievi hanno seguito con interesse e divertimento la puntata, a riprova del fatto che certi temi così come certe storie risultano sempre attuali e, pur con dei tempi comici certamente più lenti di quelli di oggi, sono sempre gustosi e apprezzabili. E alla fine è tornata quella domanda: “Ma lei ritorna?”.
Del terzo incontro, Vanessa Roghi con le terze, il coinvolgimento. Coinvolgimento degli allievi e degli insegnanti. Tutti alla ricerca delle parole e del loro reale significato, non quello sovrapposto legato ai pregiudizi, ma quello vero che di per sé ha valore, un valore purtroppo spesso sottovalutato. Un viaggio nella storia e nell’uso di alcune parole, quindi. E non solo. Con Vanessa tutti hanno ripercorso eventi, personaggi, storie, hanno approfondito una cultura, si sono resi consapevoli di come i fraintendimenti e le generalizzazioni nascano a volte dall’ignoranza dei fatti. Alla fine quello che temeva l’insegnante (la confusione possibile dovuta al ritrovarsi in quasi cento ragazzi di terza media, tutti insieme) non è accaduto; tutti sono stati generalmente attenti, attivi, interessati, in qualche punto ammaliati. E c’è un’immagine che ricorda: un allievo di solito molto movimentato e chiacchierone rimane immobile per quasi tutto il tempo ad ascoltare e partecipare alle attività. Alla fine i ragazzi di terza hanno ringraziato e non hanno fatto quella fatidica domanda, il prossimo anno saranno in un’altra scuola, ma con quell’immagine piacevolmente impressa nella mente, alla fine, quella fatidica domanda, “ma lei ritorna?”, questa volta viene da me, l’insegnante di cui sopra: “Vanessa, quando torni?”.
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