L’epos non è morto
Pubblichiamo una riflessione di Roberto Carvelli che giovedì 23 maggio ha letto Il Piccolo Principe in compagnia dei ragazzi dell’Istituto Comprensivo Via Padre Semeria di Roma.
La mia prima “piccola maestria” ha avuto la magia dell’incanto. Ad essere sinceri non pensavo potesse essere così piacevole andare a parlare del Piccolo Principe in una scuola media. A pensarci, il giorno prima mi immaginavo ragazzi che m’interrompevano, facce annoiate, distrazioni varie. E invece i libri e il racconto dei libri hanno poteri incantatori inimmaginabili. Ripenso a quella parola che scrivevamo in un quadratino prima di google calendar: epica. Ecco, penso, l’epos non è morto. Tutti sono pronti a ricevere una storia. Una specie di informazione di base, di pratica innata, di predisposizione naturale. Credo che il senso dei Piccoli Maestri sia questo. Testimoniare che la pratica del racconto (del racconto del racconto) non è morta. Tutt’altro. Magari si è imbastardita, ha perso il riferimento originale alle pagine e a noi il compito di ricollocarla, riallinearla a quelle. Noi iniziamo, altri continueranno. Ci capiterà di farlo forse con libri che non amiamo. Forse succederà non amati da chi ci ascolta. Eppure la funzione di base, la sfida a questa testimonianza del potere del racconto non deve morire.
Vengo al sodo. Prima classe: c’è un generale incantamento. Di me che ascolto le domande, di me che leggo e ascolto Saint-Exupéry, dei ragazzi che lo ascoltano e fanno domande a me come se le facessero al libro, del dialogo tra noi tre funzionari di questo rito: i ragazzi, due professori, io. In definitiva, quello che conta è il libro in mezzo a noi tre. Non importa che sia Il piccolo principe. E importa. Non importa se sia piaciuto, se l’abbiano capito (“Prof ( detto a me) io non l’ho capito”). Forse anche io ogni volta che rileggo e riracconto lo capisco di nuovo e in un modo nuovo. Siamo pari. La seconda classe ha rinunciato a una delle due ore di ginnastica settimanali per essere con me e la strada è in salita: una vera e propria educazione fisica per me sostituire il “libero sfogo” dopo il “sorvegliare e punire” delle ore intrappolate nei banchi. Altro insegnamento: forse la lettura ha bisogno del contesto e del tempo giusti (magari si poteva andare a leggere in palestra subito dopo una sudata liberatoria). In ogni caso già non vedo l’ora di tornare nelle aule. Magari con un libro-sfida. Magari rileggendo per l’ennesima volta un libro che conosco e conoscerò in modo diverso grazie a questo meccanismo. Come una scuola circolare e mutua.
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