Due giorni di orgoglio e pregiudizio
All’inizio di febbraio, la nostra Elisabetta Liguori ha lasciato per un paio di giorni la Puglia per accompagnare Orgoglio e pregiudizio e i personaggi di Jane Austen in giro per le scuole di Roma. Ringranziandola per la passione con cui macina chilometri e pagine per i Piccoli Maestri, leggiamo un breve report di questa due giorni di letture.
Una doppietta? Mi sono detta: non sono capace, e invece. Per un piccolissimo maestro che viene da Lecce come me, dovrebbe essere più comodo fissare due incontri ravvicinati e poi non pensarci più per qualche mese, ma temevo di stancarmi troppo, di perdere la voce o l’entusiasmo. E invece. Un libro cambia umore a seconda delle mani nelle quali finisce. Una volta non è uguale all’altra, anche se il piccolo maestro resta lo stesso e a stretto giro. Prima ho incontrato le ragazze del liceo pedagogico Gassman e, il giorno dopo, nella biblioteca Pasolini, zona Spinaceto, ho conosciuto un paio di classi del liceo Scientifico dello stesso quartiere. Ho portato con me sempre la medesima copia di Orgoglio e pregiudizio. Non la copia gloriosa dei primi anni ottanta che comprò mia madre per me, ma quella più recente ed economica che ho comprato io per mia figlia. Anche se lei ancora non l’ha letto, la Austen aspetta con me pazientemente che arrivi il momento giusto.
Il primo giorno ad accogliermi solo femmine, tra le sedie dell’aula magna del Gassman, pronte ad ascoltare una storia per niente nuova, ma sempre nuova. Alcune avevano già letto il romanzo. Al solo pronunciare il nome di Mr. Darcy, le lettrici facevano le faccette sapide di chi sa come va il mondo. Le altre spalancavano gli occhi in attesa. A tutte ho raccontato quanto è difficile cambiare idea sulle cose. Mi son parse d’accordo con me. Lo sapevano anche loro che non c’è nulla di più duro da scalfire e di potenzialmente più pericolose di una “First Impression”. Ne siamo stati vittima tutti, in un modo o in altro, almeno una volta nella vita. Ho provato a conversare amabilmente con loro, così come avrebbe fatto Elisabeth in un giorno di pioggia (e infatti pioveva). Abbiamo provato a ricreare certe lente atmosfere amorose ottocentesche, confrontandole con quelle di oggi e siamo finite a parlare di matrimonio. No, anzi, oggi di matrimonio non parla quasi più nessuno; abbiamo parlato piuttosto di progetti di vita a due. Mi son parse competenti sul tema. Ragazze pratiche, giustamente concrete e mediamente romantiche, tanto da far invidia a Lizzy e alle sue sorelle. Ho sentito distintamente che nelle loro teste si agitava qualcosa in più della nuda parola Amore. Progetti, relazioni umane, voglia di cambiare, di provare a capire davvero come funziona.
Il giorno dopo, invece, ho trovato ad accogliermi una platea mista. Qualche maschio in più, brufoli, soffi lievi di peluria, ciuffi ribelli, tra i discenti dello scientifico. Per loro, gli inviti a danzare rivolti alle donzelle in cerca di marito di cui è pieno il romanzo della Austen sono diventati come i Mi Piace di cui si nutre Facebook. Hanno provato a tenerne il conto. Ne sghignazzavano tutti, ma ci siamo capiti ugualmente. Perché, è vero, si balla in modo diverso, ma si balla ancora oggi. Dietro un certo tipo di musica e ancheggio resiste la medesima voglia di comunicare, di entrare in sintonia con l’altro, con se stessi e il mondo. Resiste la stessa fatica dell’essere. Dopo lo spazio Austen, a ciascuno ho chiesto se leggono e cosa. Anche loro l’hanno chiesto a me, ovviamente. Non molti i titoli in giro, qualche fantasy, le passeggiate di Holden, le lacrime di Nicholas Sparks e persino un cenno all’Odissea, ma tutti, in una scuola e nell’altra, mi son parsi felici di confrontarsi su qualcosa di polveroso e segreto, un’ombrosa possibilità, un vizio forse taciuto. Un potentissimo desiderio che, chissà, potrebbe esplodere da un momento all’altro.
Bella esperienza! Come si fa a rinunciare al ‘libro’? Come si fa a rinunciare alla Austen? E’ bello che qualcunofaccia conoscere questi tesori antichi e sempre attuali alle giovani generazioni! Forza e coraggio carissima Elisabetta!