Conrad, intervista impossibile
Il compagno segreto di Joseph Conrad è stato il secondo libro letto dai Piccoli Maestri, il 21 novembre del 2011 presso il centro di accoglienza giovanile Matemù. A distanza di due anni, Lorenzo Pavolini sarà felice di riproporlo, mercoledì 4 dicembre,agli studenti del Liceo Anco Marzio di Ostia. In vista di questo appuntamento, Lorenzo Pavolini ci ha gentilmente concesso di riportare un suo testo, pubblicato in Ti vengo a cercare (Einaudi 2011). Si tratta di un’intervista impossibile a Joseph Conrad. Il compagno segreto, il racconto di cui Lorenzo si accinge a parlare, è al centro delle domande che il bizzarro intervistatore pone a Joseph Conrad. Ringraziamo di cuore Lorenzo Pavolini per questo regalo.
Perché Conrad
Tutte le volte che vedo passare una nave, aliscafo o petroliera, persino i vaporetti in laguna, anche quando una barca di pescatori rientra in porto inseguita dai gabbiani, penso a Joseph Conrad che sta nascosto da qualche parte nello scafo, più esattamente cerco, in un piccolo oblò, di scorgere il suo profilo dubbioso, il suo fragile coraggio. E penso che anche lui ci veda lì a terra. E anzi sospetti con orrore che stiamo per gettarci in acqua per raggiungerlo a nuoto.
Lorenzo Pavolini incontra Joseph Conrad
C – Joseph Conrad
I – intervistatore
C – É notte. Intorno a noi è calato il buio… un buio speciale… di quelle oscurità che scendono dopo il crepuscolo su una terra sconosciuta… in un angolo di mare straniero per sempre… E io che parlo sarei Joseph Conrad. Intanto incedo sul ponte … Ho assunto il mio primo comando oggi stesso, come al solito… Lasciato il porto fluviale di Ho Trubang Feng Yo To Ba eccetera eccetera… Ridisceso la corrente fino alla foce. La bonaccia ora costringe l’imbarcazione (sottovoce) – ci costringe – alla fonda. Nella quiete di vento e sotto un cielo velato di umidità: non vedo nessuno, niente. Mi sento estraneo alla barca, all’equipaggio… e in fondo anche a me stesso. Capita quasi sempre – dicevo: come al solito – quando sto per cominciare… un racconto.
Guardando verso il mare, cerca un incipit:
C – La baia di qualche sperduto promontorio del mar della Cina è percorsa dall’onda lunga della risacca. (Si interrompe, poco convinto da quello che ha detto. Riprova:) L’oscurità sulla riva è… popolata. Creature distese, ognuna nel proprio sogno, nella propria esistenza – perché sono creature vive, ne converrete – ognuna è da sola. O sono insieme?… No, no… Non viene proprio, quest’attacco fa cagare… Ho mal di mare, e a me il mal di mare non fa dormire… (colto da improvvisa illuminazione): we live as we dream, alone… Ecco vedi, il mal di mare mi fa girare le parole… le vomito. Facile: viviamo allo stesso modo in cui sogniamo, da soli. (Si volta). E magari ci si muore anche… da soli… (si accorge di essere guardato). L’uomo di guardia al timone mi osserva vacillare. Chiede se ho bisogno di una mano? Tze! Non osa chiederlo, lo liquido prima che apra bocca: “resto io di guardia” – dico con fermezza – “vada pure a riposare, che domani ci attende una giornatina”. (Torna a passeggiare sul ponte parlando tra sé) Certo che equipaggio mi sono meritato… guarda come hanno lasciato la scaletta di corda… a cavolo di cavallo! (Si piega a raccogliere qualcosa)… Dimenticata così, che uno ci si ammazza – guardate qui – mezza fuori e mezza dentro. Che ciurma! (Si sporge a guardare giù dalla murata e riprende la cronaca tra sé in un crescendo allarmato) É a questo punto – guardando meglio la scaletta di corda, che pretendo di issare a bordo con uno strattone, mi accorgo che è pesante, troppo pesante… e vedo, sì sorpresa e sgomento: quello è un braccio, un corpo intero di un uomo nell’acqua… Intero … la testa dove sarebbe, la testa?… Oddio, calma: c’è un uomo decapitato appeso qui alla scaletta… Vedete gente? Ah, oddio… per fortuna… eccola la testa… La testa c’è, l’uomo è intero. Eccola la testa, la vedete, affiora… e mi si rivolge!… Non dice niente?… Una testa muta… Dico: … tutto bene?
I – Solo un crampo
C – Deve mangiare una banana allora? Ce ne sono a bordo… riservate alla mensa ufficiali, l’equipaggio… vedremo, se ne restano, forse… Ma lo sa che questa è un imbarcazione privata ? Anzi della Reale Marina Britannica e…
I – Sono fuori dalle regole di ingaggio dice?
C – Dico
I – Ma questa è un’intervista
C – Anche l’arrembaggio ha le sue regole
I – Sono arrivato a nuoto
C – Ma da dove, scusi?
I – Vede laggiù?
C – Dove?
I – Là oltre quel crinale si dovrebbe intuire la luce in testa d’albero della Sephora, è ancorata nella baia accanto, due miglia a nord.
C – Sephora, Sephora… mi dice qualcosa… Profumi, vero?
I – Trucchi e profumi d’oriente
C – Ma perché resta lì a mollo? Salga la prego… A parlarle di quassù, messo così, tutto al contrario…
I – Volentieri salgo, lei però mi faccia il favore di non avvertire l’equipaggio, la prego, altrimenti mi ributtano a mare…
C – Sono ai miei ordini, le garantisco… E poi io non ci posso restare così a parlare con lei… vomito. Lei non lo sa, ma io vomito.
I – Aspetti… aspetti, salgo subito. (comincia a salire sul palco) Ha detto garantisce lei, l’equipaggio è tranquillo… anche se il mio giornale parla sempre male della loro squadra
C – Lasci stare la Lazio.
I – (si blocca a metà della scala) Ma io scrivo di sport minori: il nuoto, la scherma, la vela…
C – Minori un cazzo
I – Eh, difatti, lo vede anche lei che ero qui nell’acqua a praticar…
C – Vela, nuoto, scherma sono… come dire, originari, stanno dalle parti dove tutto è cominciato. Tra sé e il cielo, il mare, l’altro. Undici persone in mutande e una palla fanno già guerra per bande, casino, arbitri, moviole, politica.
I – Sarei anche io di questa opinione… “Il solito snob del pifferone” dice il direttore. I colleghi gli danno ragione… E anche io alla fine, che devo pensare? Che hanno ragione loro?
C – Oh salga a bordo, dunque, coraggio (lo accoglie finalmente sul palco) … Si infili l’accappatoio, questo mio, le piace? Ha le iniziali sulla tasca. Snobbissimo vero?
I – (dopo essere salito sul palco e aver indossato l’accappatoio) Bè è caldo, grazie, ne avevo bisogno.
C – Lo vede che ha preso freddo: ha i crampi, persino… se voleva un’intervista, una maniera un po’ scomoda si è scelto, non pensa? Manco un lapis o un taccuino, ma come fa?
I – Tanto siamo in diretta, diretta differita, una cosa del genere, se diciamo una cazzata poi si taglia.
C – Comodo, ma… a nuoto?
I – Pensavo avrebbe apprezzato
C – Cosa?
I – Bè la lunga distanza, di golfo in golfo, piscina dopo piscina, la sfida dell’uomo mezzo pesce, la sensazione dell’acqua sulla pelle – sullo scafo – l’ombra del massaggiatore nero, lei è uno che queste cose sa dargli il giusto valore vero? Servono a conoscere l’uomo, coglierlo nel suo dominio naturale, nel profondo… E io sono qui per questo: un’intervista. Andare nel profondo. Lei poi che quella storia del nuotatore l’ha usata… Insomma io sarei, con questo mio arrivo a nuoto, da molto lontano… una citazione: il compagno segreto, ricorderà spero?
C – Ah, non mi parli di quel racconto, mi ha provocato solo guai.
I – Che intende… guai? E’ un capolavoro assoluto.
C – Dicono che il compagno segreto sarebbe… insomma ha capito? Compagno… segreto… M’hanno dato del pederasta, a me!? Un polacco che va per mare, sotto bandiera inglese, pederasta!?
I – E se pure fosse? Non creda, non creda, oggi la cosa va molto, si apprezza l’artista omosessuale, il sindaco, il capo di governo! È un tipo aperto al mondo, l’omosessuale, maggiori combinazioni, sperimentazione fisica e mentale… C’hanno le sinapsi che si accoppiano in maniera inedita, formidabile…
C – Dice che sono più avanti?
I – Bè sì, i numeri parlano chiaro, musica, teatro, architettura, moda, un po’ come gli ebrei… c’hanno un altro passo.
C – Sì vabbè e i negri che hanno la musica nel sangue, ma mi faccia il piacere, queste sono le cose di cui dovremmo parlare io e lei?
I – Negri… lo sa che non si può più dire? Oggi il suo titolo il negro del Narcissus lo vogliono ritradurre: L’afrononsoche del Nacissus.
C – Facciano come gli pare, era negro…. E su quella nave le assicuro che creava uno strano incantesimo… perché era negro. Altro. Diverso. Un po’ come lei adesso se la beccano, qua sopra, con il mio accappatoio. Sbrighiamoci a scendere in cabina, lì saremo al sicuro.
I – Io la seguo capitano.
C – I clandestini vengono buttati in mare, senza nemmeno interpellarmi… Silenzio assoluto (Chiudono una porta). Ecco ora qui possiamo anche parlare (si siedono uno di fronte all’altro).
I – (sottovoce) Sicuro che l’equipaggio non sente?
C – Sentire, sentono, ma non ci fanno più caso. Sono abituati. Qui dentro la mia cabina sentono sempre… parlare.
I – Usa ricevere a bordo, capitano?
C – No, mai… Con gli ufficiali comunico durante i pasti e le manovre. Ma… io, quando sono in cabina… parlo.
I – Da solo?
C – Siamo matti? Avrò pure un interlocutore no? Le assicuro è qualcuno che reagisce a ogni mia sillaba. Qualcosa…
I – (Si eccita) La prego, questa è una notizia… Con chi è che parla, lei Joseph Conrad, quando è solo nella sua cabina di capitano?
C – E glielo vengo a dire a lei bello bello che arriva nuotando… Mi faccia sedere da questa parte (si scambiano di posto) che stare al contrario mi dà fastidio.
I – Prego, dove vuole lei, ma (sorpreso e un po’ incerto se osare la domanda)… capitano, se capisco, non si sente tanto bene?
C – Sto benissimo. Ho detto solo… fastidio.
I – Che genere di fastidio scusi se… ?
C – L’onda.
I – Ma siamo in bonaccia assoluta.
C – Lo dice lei. Non immagina cosa sento io sotto i piedi.
I – Il mare è una tavola, le assicuro, ho nuotato almeno cinque ore. Non un’increspatura… Anzi, dispero che lei potrà salpare entro domani sera.
C – Eppure sento invece… (ascoltando qualcosa) non ci crederà ma io sento le onde a una distanza mostruosa, un po’ ci sto male anche ma… le posso dire che all’alba una refola arriva e… salpiamo.
I – Ma come fa?
C – Le ho detto che ho un interlocutore qua dentro (e fa un gesto a ricomprendere tutto il mare, poi il suo stomaco), siamo in contatto costante: mi avverte, mi disturba, ci parlo… domattina vedrà! Un paio di virate e la lascio a poche centinaia di metri dal promontorio. Le va bene per le otto. Tanto lei nuota!
I – Nuoto nuoto, non è quello il problema, per me… Ma capire qualcosa di più… su di lei. Se ho fatto tutta questa strada – le ho detto che sono stato cinque ore in acqua – è per riportare indietro… il sacco pieno!
C – Se vuole vomito dentro qualcosa, si accomodi (soffoca un rutto e ride). Il sacco pieno, figuriamoci… Cosa mai credete di capire, con le vostre domande… Posso risponderle quello che mi pare, poi lei lo scrive, e allora? Ne sappiamo di più… di me? Di lei? Dell’uomo?… Non capisce più cose nuotando avanti e indietro per questa baia sconosciuta?
I – Certo… ma non mi pagano per quel genere di cose che capisco… nuotando.
C – L’ha mai veduta una battaglia da dentro? E’ sceso nella stiva della nave durante un tifone? Ha cercato di sedare un centinaio di portatori cinesi sbatacchiati come panni nella lavatrice?… Allora cosa vorrebbe capire, scusi?!
I – Le ragioni di questa sua “estrema sensibilità al moto ondoso”, chiamiamola così… Ecco, ad esempio mi piacerebbe capire questa cosa sua, e raccontarla ai lettori, sarebbe…
C – (alzandosi improvvisamente) Sarebbe così gentile da… riaccompagnarmi sul ponte.
I – Sul ponte adesso? … Ma non ha detto che l’equipaggio mi getta in mare?
C – Deve accompagnarmi su… subito!
Conrad prende per mano l’Intervistatore e lo trascina correndo su fino ad affacciarsi alla murata. Si piega in avanti, si mette una mano sulla pancia:
C – Mi tenga la testa, la prego… vomito!
I – Mamma mia che schifezza!
C – (dopo qualche conato si risolleva) Ah, mi sento meglio ora… Le sono grato… lei non può neppure immaginare quanto.
I – Soffre il mal di mare?
C – La cucina cinese mi ammazza.
I – E’ un po’ unta.
C – Ci devo stare attento. (Cedendo alla confidenza, liberato) Ma poi che vuole?… Ah come era bella quella sua mano sulla fronte, mmm (sognante, come perduto in un ricordo d’infanzia) Ho sempre avuto lo stomaco un po’ debole, io. Sempre combattuto con la nausea e il mal di mare, sempre! Da piccolo sull’altalena era un disastro, ma anche quando sono scappato di casa e mi sono imbarcato a Marsiglia, che crede?
I – Bè… che dopo tutti questi anni in mare. Di solito…
C – Ogni volta una lotta (ruttando)
I – Incredibile, ma come fa… ad andare avanti così. Non la distrugge… fisicamente?
C – Guardi lei!? Le paio distrutto… Basta vomitare ogni tanto
I – E l’equipaggio? Gli ufficiali?
C – Sono cose mie, riguardano me
I – Gli uomini di bordo…?
C – Sono io che sto sul mare. Lo sento, lo contemplo e lo uso a mia maniera e con la mia… dissipazione, secondo tradizione e personale intuito – così le avranno insegnato no? Tradizione e fiuto.
I – Bastano (annuisce)
C – Quasi sempre… In proporzione variabile, asimmetrica, crescente. È una relazione… direi, quasi… segreta
I – Bè sì, ma… si può insegnarla? Svelarne… l’alchimia? Per il nostro gentile pubblico di… lettori, ascoltatori, telespettatori
C – Che io mi metta a dire “fate così e colà… respirate… sentite l’energia”. No. Escluso. Lo capisce da sé… Sì conosce praticando. Facendo. Andando… fino al limite estremo… Usarlo, il mare, e comandare ad altri come usarlo. C’è solo questo anelito che ci trasforma nella volontà di una caracassa di legni, cordami e vele. L’intenzione di andare da qui a lì, da un punto A a un punto B… Dovessi arenarmi su quella barra di sabbia, che so essere lì ad aspettarmi in corrispondenza delle isolette, appena sotto il pelo dell’acqua… un ippopotamo addormentato, come fa a vederlo nel controluce del mattino? E il musicista sordo che compone musica sublime? L’attore balbuziente che fila liscio sul palco ventimila endecasillabi?
I – Il capitano di lungo corso con il mal di mare (azzarda)?
C – Io, con il mal di mare, ci parlo. (solenne)… Alla fine, gli devo tutto.
I – Al mal di mare, sicuro?
C – Sicuro. Si sieda qui con me su questa gomena che le spiego… (si mettono accanto, ormai complici) Lo sento che viene, sto vigile nell’attesa, lo accolgo tenendo alto lo sguardo sull’orizzonte… E’ una danza, un corteggiamento, ogni volta, so cosa devo fare e cosa non devo, dove posso osare e dove la pago sicuro, che poi torna a prendermi qua sotto ed è difficile nascondere l’imbarazzo… Ci sono come delle regole. Delle posizioni da evitare…
I – Un consiglio per il gentile pubblico.
C – Vogliate bene al vostro mal di mare, le piace?
I – Come titolo potrebbe andare… per l’estate.
C – (prosegue ispirato e dichiarativo) Imparate a convivere con il vostro imbarazzo. Non ve lo siete scelti, ma sarà con voi… per sempre.
I – Come un compagno segreto.
C – Beh, anche quello a un certo punto deve lasciarci (facendo capire che è il momento di sloggiare).
I – Ecco (alzandosi in piedi). Aveva proprio ragione, sta venendo una bava di vento.
C – Appena dieci minuti più tardi di quando avevo creduto (Si alza anche lui con calma). Ora lei deve andare, sono sicuro che ha abbastanza… materiale. Se riempie troppo il sacco, poi affoga.
I – Vado. Ha ragione. Troppe cose, poi è un casino. Un’intervista basta per dire una, massimo due cose. Come un racconto. E poi laggiù qualcuno mi aspetta, staranno in pensiero (si sfila l’accappatoio e lo porge a Conrad)
C – La invidio sa ora che si fa questa bella nuotata.
I – Venga anche lei?
C – Senso del dovere.
I – Per una volta, che fa? Arriva fino a un po’ e torna indietro…
C – L’acqua sarà fredda.
I – Perfetta.
C – Non mi tenti, su. Io devo restare qua sopra. Ho tutta una distanza da riguadagnare… tra me e l’equipaggio, me e la nave, me e… me. Se mi metto a nuotare così, all’alba… con lei seminudo! Lo capisce come va a finire… (si guardano negli occhi, virilmente attratti)… Basta, torni da dove è venuto (gli dà la mano, poi si abbracciano)… Scenda nella cala vele. Di qua che non la vede nessuno… E aspetti il mio comando. Tirerò il bordo a terra fino a quando sarà possibile, così l’avvicino.
I – Sono un buon nuotatore.
C – Come intervistatore è un po’ un disastro (ridendo). Ho avuto l’impressione di parlare da solo.
I – E non le piace così?
C – Mi sento meglio (portando una mano allo stomaco)… quando racconto, è vero. Grazie!
I – Grazie a lei, e non si avvicini troppo alla costa, i suoi ufficiali penseranno che è ammattito.
Mentre l’intervistatore riscende la scaletta
C – Pensino quello che vogliono. Sono a mia disposizione. So come vanno le cose, perché ne dispongo. La natura faccia pure quello che vuole… a bordo comando io.
Un’ondata si infrange. Il comando di virare urlato da Conrad si disperde nel vento.
(Lorenzo Pavolini, pubblicato in Ti vengo a cercare, Einaudi 2011)
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